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ECOSAN – ECOSAVE – APPARECCHIO PRONTO INTERVENTO – 0750ECO0795

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ECOSAVE è uno stimolatore elettronico portatile brevettato, in grado di emettere, tramite due elettrodi, scariche ad elevato voltaggio (20 kv) ed a basso amperaggio ( 0.5 mA), per la durata di un secondo, con pause regolari di un secondo e con un’autonomia di circa 1.200 impulsi.
Le sue dimensioni sono di mm 141x35x70 per un peso di 153 grammi ca. L’alimentazione è data da una batteria da 9V del genere utilizzato per radio transistor o cambia programmi TV.
L’apparecchio costituisce un innovativo e moderno mezzo di pronto intervento nei casi di morsi velenosi di serpenti, punture venefiche d’insetti (api, vespe, calabroni, zanzare, ecc.), d’artropodi (scorpioni, ragni, ecc.) e di pesci.
Nei mesi primaverili ed estivi Ecosave System può far parte della dotazione sanitaria, che ogni escursionista, naturalista, operatore, forestale o ambientale, agricoltore, apicoltore, e ogni addetto alla vigilanza venatoria e ittica porta con sé, con il minimo ingombro.
I cacciatori, in particolare, ne apprezzano appieno le molteplici prestazioni, che possono venire estese anche al proprio cane all’eventualità di morso di vipera, che è relativamente frequente nei mesi di settembre e ottobre e che, non raramente, porta al decesso dell’animale colpito.
Qualche scarica elettrica somministrata sull’area colpita è sufficiente per produrre un rapido sollievo del dolore e diminuire le reazioni tossiche ed infiammatorie provocate dal morso di un serpente velenoso.
Questa teoria è stata comunicata negli anni 1986 ed 1989 dall’autorevole rivista medica inglese ” The Lancet ” unitamente a studiosi del calibro del dott. Ronald H.Guderian dell’ospedale Vozandes di Quito, Charles D. Mackenzie della Scupla di medicina tropicale di Londra e Jeffrey F. William del Dipartimento di microbiologia dell’università del Michigan.
Nel Gennaio 87 anche il ” Corriere Medico ” intitolava : “avvelenamento da serpente: una scossa e passa tutto”.

UN PO’ DI STORIA
Già nel 1787 l’abate Felice Fontana (1730-1805), naturalista trentino di Pomarolo, nel suo trattato sul veleno della vipera, uno dei primi testi di farmacologia sperimentale moderna, propose di adottare l’elettricità per curare i morsi dei serpenti velenosi.
Questa idea era fondate sul fatto che l’elettricità, già allora, era usata come mezzo di cura per alcune malattie, ma rimase inattuata perché a quel tempo non era disponibile un’apparecchiatura adatta allo scopo.
L’iniziativa di avviare studi pratici inerenti all’uso della corrente elettrica in caso di morsi velenosi è venuta al dottor Ronald Guderian, patologo nordamericano e missionario gesuita, che da anni presta la propria opera presso l’ospedale di Shell, nell’Amazzonia ecuadoriana, ultimo avamposto sanitario prima dell’immensa foresta. Guderian ha preso lo spunto da una notizia apparsa su un giornale dell’Illinois(USA), in cui si leggeva che un contadino locale, ipoallergico alle punture delle api, notò che l’applicazione sulla parte colpita di una scossa di corrente continua ad alto voltaggio e a basso amperaggio preveniva le solite gravi reazioni.
Nella giungla orientale amazzonica dell’Ecuador, dove i rettili velenosi sono molto comuni e dove l’uomo non è solito ad utilizzare un vestiario protettivo efficace, il 4% dei decessi è causato dal morso di serpenti. Si è verificato, inoltre, che circa il 45% dei componenti delle tribù dei Vaoroni e stato morso almeno una volta da ofidi velenosi.
Per il primo pronto soccorso era somministrata sulla ferita una scossa di corrente continua di 20-25 kV a meno di 1 mA, per mezzo di un cavo elettrico, posizionato esattamente dove si notavano i segni del morso.
Di norma si utilizzavano scariche a distanza di pochi secondi. In Amazzonia, dove i corsi d’acqua sono abbondanti, la fonte energetica era prodotta dai motori delle piccole imbarcazioni a motore, la cui candela veniva collegata con un cavo elettrico. In alcuni casi la corrente è stata ottenuta da altre fonti, come tagliaerba o generatori di bassa potenza.
Guderian ha notato che i morsi trattati con una scossa elettrica sono interessati da un rapido sollievo dal dolore, comportano minori conseguenze e guariscono più celermente di quelli trattati unicamente con sistemi tradizionali. Inoltre, non si manifestano edema, bolle sieroematiche, emorragie, shock, insufficienza renale, ecc.
Di particolare rilevanza, con applicazione di questo metodo, è stata l’assenza d’amputazione di decessi, che altrimenti avvengo con una certa frequenza. I ricercatori ecuadoregni hanno accertato che la somministrazione delle scosse di corrente elettrica è efficace come pronto soccorso nel caso di morso di alcune specie di ofidi particolarmente velenosi, come Bothrops atrox, Bothrops bilineatus, Bothrops nasutus, Bothrops schelegeli, Bothrops castelnasutus, Lachesis muta, oltre che della formica paraponera e di punture dello scorpione nero (titys sp).
Finora, la base biologica di questo trattamento non è stata ancora chiarita. Teoricamente potrebbe aversi un effetto locale sui tessuti colpiti o un’attivazione o alterazione diretta o indiretta di uno o più componenti del veleno, con svolgimento dei legami elettrochimici tra le varie molecole. Il veleno dei serpenti agisce sulle cellule corporee per mezzo di enzimi assai complessi, che ne attaccano la membrana.
La cosa più importante è neutralizzare il veleno o anticiparne l’effetto. Allo scopo di rendere più pratico accessibile a tutti e ovunque il sistema di trattamento con la scossa elettrica, è stato messo a punto e brevettato un piccolo apparecchio portatile, poco più grande di un come pacchetto di sigarette, ora disponibile in Italia

• Tensione di scarica a 500 OHM: circa 650V;
• Scarica ripetitiva di 5 microsecondi con pause di 1 secondo circa;
• Temperatura di funzionamento: da 0 a 80°C;
• Alimentazione: 1 batteria da 1,5V;
• Contenitore in ABS antiurto; misure mm 150 x 36 x 74; peso con batteria: gr 160 ca.;
• Autonomia di una batteria: circa 1.200 scariche.
Suggeriamo di togliere la batteria se si prevede di non utilizzare l’apparecchio per lungo tempo. Verificare il funzionamento della batteria e dell’apparecchio, tramite una scarica “a vuoto”, regolarmente o comunque prima di qualunque escursione o dopo un’eventuale caduta del dispositivo.

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